mercoledì 30 settembre 2015

Architettura Bioclimatica e comfort ambientale

Buona architettura è quando un edificio studiato per accogliere e proteggere chi ci abita, una casa dove architettura sostenibile e benessere della persona sono inseparabili e che dovrebbe garantire condizioni positive di benessere all’utente permettendogli di orientare le proprie risorse a qualcosa di più elevato della mera sopravvivenza.
Sembrerebbe questa un’affermazione scontata, invece non è affatto così, esistono infatti molteplici edifici che funzionano “peggio del clima” e nei quali la sopravvivenza è garantita solo con un massiccio ricorso a energie esterne, prevalentemente di tipo non rinnovabile.
Il progetto di un ambiente confortevole dovrebbe quindi essere un elemento prioritario e irrinunciabile dell’architettura.
Dal punto di vista fisico, la condizione di benessere viene definita “comfort”.
Per comfort termoigrometrico si intende quel particolare stato della mente che esprime soddisfazione con l’ambiente termoigrometrico circostante.
Secondo gli studi e le teorie di P. O. Fanger, il benessere termoigrometrico in un edificio si raggiunge a seconda delle relazioni che si instaurano tra alcune variabili fisiche e le variabili ambientali (clima).
Più recenti studi sul benessere negli edifici mettono in evidenza che, oltre alle variabili fisiche, la sensazione di comfort è fortemente collegata ad aspetti psicologici, culturali e sociali dell’individuo ed è funzione del tempo e della capacità di adattamento di un individuo, rendendo quindi non semplice quantificare lo stato di benessere che dovrebbe almeno tenere conto del sesso, dell’età delle persone e del relativo stato di salute.
Il corpo umano può essere visto come un sistema termodinamico: alimentato dal cibo, produce lavoro e calore in relazione al tipo di attività svolta. Il fisico umano ha efficienti sistemi di termoregolazione che si attivano per mantenere costante la nostra temperatura corporea; per non stressare il nostro fisico è opportuno limitare il ricorso a questi sistemi di termoregolazione negli ambienti confinati.
Il corpo umano reagisce alle variazioni termoigrometriche nell’ambiente circostante mediante delle azioni fisiologiche che, principalmente, riguardano il controllo della circolazione sanguigna (riduzione dell’irrorazione periferica, aumento delle pulsazioni ecc.) e la variazione della traspirazione e della sudorazione.
Il mantenimento dell’equilibrio termico del corpo umano è condizione necessaria ma non sufficiente per il raggiungimento del benessere termico che si raggiunge per un insieme di condizioni termoigrometriche molto più limitate.
In generale, possiamo dire che la condizione di benessere termico si ha quando l’organismo è nelle condizioni di poter mantenere l’equilibrio termico per un tempo indefinito e senza sforzo.
I fattori che intervengono nella definizione del comfort sono:
– la temperatura, la velocità e l’umidità dell’aria;
Per la qualità dell’aria invece sono di riferimento i criteri stabiliti dalla normativa europea UNI EN 15251 che suggerisce il calcolo della ventilazione ottimale e da quella statunitense ANSI/ASHRAE Standard 62.1 che prescrive gli standard della ventilazione dell’aria interna.
La classificazione in categorie di comfort interno avviene in funzione della tipologia di edificio: la categoria I, la migliore, è richiesta ad esempio per edifici di nuova costruzione ed in particolare per gli ambienti occupati da soggetti particolarmente sensibili come bambini e anziani. 

– la temperatura media radiante delle superfici all’intorno;
Temperatura media radiante (TMR, °C) è la temperatura media pesata delle temperature delle superfici che delimitano l’ambiente incluso l’effetto dell’irraggiamento solare incidente.
Influisce sugli scambi per irraggiamento.
Insieme alla temperatura dell’aria, la TMR è il fattore che influenza maggiormente la sensazione di calore.
Se il corpo è esposto a superfici fredde, una quantità sensibile di calore è emessa sotto forma di radiazione verso queste superfici, producendo una sensazione di freddo.
La variazione di 1° C nella temperatura dell’aria può essere compensata da una variazione contraria da 0.5 a 0.8° C nella TMR: la condizione più confortevole è stata considerata quella corrispondente ad una TMR di 2° C più alta della temperatura dell’aria.
Una TMR più bassa di 2° C è pure tollerabile se la radiazione emessa dal corpo è quasi la stessa in tutte le direzioni e ciò avviene solo se le temperature superficiali dell’ambiente circostante sono praticamente uniformi.

– l’attività metabolica (Met);

– il vestiario (Clo);

Per ogni combinazione di questi parametri si avranno condizioni di più o meno benessere e l’aumento del valore di alcuni parametri permetterà (entro certi limiti) di compensare la carenza di altri. Ad esempio, l’aumento della temperatura dell’aria potrà essere compensato in estate dalla diminuzione del vestiario, o viceversa in inverno, così come l’aumento del metabolismo richiede un abbassamento della temperatura e una riduzione del vestiario.


In special modo per il recupero edilizio è interessante : Linee guida per un recupero urbano biocompatibile del Servizio edilizia abitativa e bioclimatica della Regione Liguria.

martedì 8 settembre 2015

Le case in legno

Caratteristiche salienti delle case in legno

1 - Durevolezza

Una casa in legno se ben progettata può durare in eterno; è possibile trovarne validi esempi in nord America e in nord Europa, dove le case in legno hanno più di un secolo “di vita”.
Il concetto di durabilità di una struttura in legno è strettamente legato al principio di manutenzione, anche minimo, che qualsiasi tipo di costruzione necessita.
Importante, quindi, assicurare la naturale traspirabilità del materiale, aumentarne la resistenza all’umidità e prevenire la formazione di muffe e muschi.

2 - Libertà progettuale

Costruire in legno equivale a realizzare costruzioni leggere e snelle; una struttura più leggera, con spessore delle pareti ridotto, dà al progettista grande libertà progettuale.
Le case in legno possono avere un design raffinato e prevedere ampi spazi, grazie alla libertà compositiva che il legno dà. I pregi di questo materiale hanno fatto sì che, oggi, molti architetti di fama mondiale prediligano il legno sia per il suo pregio architettonico sia per le sue qualità costruttive.
Il legno è il materiale adatto a costruzioni multi piano; con una corretta progettazione non si hanno limiti nella costruzione.

3 - Solidità

Le case in legno hanno caratteristiche di durata, stabilità, solidità e abitabilità migliori delle case in mattoni e cemento.
Può sembrare paradossale, ma una casa in legno è più sicura anche in caso di incendio. Il legno mantiene le proprie caratteristiche strutturali anche ad alte temperature, in quanto la sua autocombustione avviene a 300° C, mentre la deformazione dell'acciaio e il rischio di crolli in una struttura di cemento armato si hanno già a 200°C.
In caso di incendio, il legno si carbonizza in superficie proteggendo la sua struttura interna, si crea così uno strato protettivo sulla struttura che rallenta la velocità della fiamma, fungendo da isolante e preservando la staticità, che non viene compromessa. Una casa in legno non collassa ma, al contrario, mantiene inalterata struttura e portata per un tempo garantito.

4 - Rapidità di esecuzione

Realizzate direttamente all’interno dello stabilimento aziendale, le nostre strutture in legno hanno tempi di costruzione, montaggio e consegna ridotti rispetto alle tradizionali costruzioni in calcestruzzo, qualsiasi sia la stagione.
Inoltre, rispetto ad altri materiali, al legno non occorrono tempi per il disarmo e per l’asciugatura, tutto a vantaggio dei tempi e della qualità delle lavorazioni.
Ovviamente i tempi di costruzione di una casa in legno variano a seconda della tipologia e della complessità del progetto, nonchè dalle dimensioni; in ogni caso si stima che, per una casa in legno monofamiliare di circa 150 mq, si impiegano circa 60 giorni per la progettazione, 30 giorni per la produzione e 45 giorni per la posa in opera.

5 - Sostenibilità

Erroneamente si pensa che costruire case in legno danneggi l’ambiente, in realtà è il miglior modo per rispettare la natura.
Innanzitutto, il legno è un materiale ecologico e naturale; quasi tutti i materiali dell’edilizia tradizionale necessitano di energia per la loro fabbricazione, mentre il legno è la materia prima rinnovabile per eccellenza, non richiede dispendio di energia per la sua realizzazione, all’infuori di acqua e sole necessari alla sua crescita.
Inoltre, il legno è un ottimo isolante; le caratteristiche del legno consentono di trattenere e rilasciare il calore, ciò si traduce in un risparmio energetico che può variare dal 15% al 35-40% rispetto una casa in muratura, il tutto a vantaggio dell’ambiente.
Ciò significa:
· tutela dell’ambiente naturale;
· vantaggi reali per le popolazioni locali e i lavoratori;
· efficienza in termini economici.

6 - Sicurezza sismica

Test sismici hanno dimostrato che il legno è il materiale da costruzione perfetto per edificare case e strutture in luoghi altamente sismici perché:

· il legno è un materiale duttile;
· il legno è un materiale leggero;
· il legno è un materiale resistente.

Le caratteristiche di leggerezza e resistenza rendono le strutture in legno elastiche e adatte ad affrontare eventi sismici, riescono infatti ad assorbirne meglio le scosse, limitando così le lesioni alla struttura.
Il legno, inoltre, è un materiale molto più duttile rispetto al cemento, di conseguenza è in grado di dissipare in modo più efficace le sollecitazioni derivanti dalle scosse sismiche. Le strutture in legno resistono meglio al sisma, ma per la loro caratteristica di duttilità hanno il grande vantaggio di non subire fessurazioni importanti.

7 - Convenienza

Le case in legno hanno un costo di costruzione che oscilla tra il 40 e il 70% del costo di quello di una casa tradizionale in muratura o in c.a.






domenica 8 febbraio 2015

RECUPERO EDILIZIO DI UN FABBRICATO AI CONFINI DEL PARCO NAZIONALE D’ABRUZZO

Il progetto è stato commissionato da una coppia matura che accoglie saltuariamente i propri figli e che attualmente vive in una casa in affitto.
L’edificio, attualmente adibito a rimessa, è composto essenzialmente da due corpi, uno più antico realizzato in muratura di pietra, esteticamente molto bella, e uno più moderno realizzato con blocchi pieni in cls; le murature sono sane, esenti da crepe o lesioni.
Uno degli input dei proprietari è stato quello di non intervenire in alcun modo sulla muratura del corpo più antico che verrà pulita e lasciata a vista.
Tra i due corpi esiste un dislivello di circa un metro.
Nella parte più vecchia è stato realizzato in un secondo tempo un solaio in putrelle di ferro e tavelloni che dovrà essere demolito a causa della ruggine che sta corrodendo le putrelle e nella parte più nuova un classico solaio in cls.
Il tetto è realizzato con struttura portante in legno e tegole marsigliesi.
Chi ha realizzato la copertura, per creare un sostegno intermedio alla trave di colmo di ridotta sezione, ha realizzato una muratura in blocchi di cls che grava su una trave a spessore e ne ha causato l’incurvamento.
Gli interventi, limitati al minimo indispensabile per limitare i costi consistono essenzialmente nella demolizione del solaio della struttura più antica, la realizzazione di un cordolo di coronamento previo rialzo della muratura perimetrale di circa 80 cm allo scopo di rendere fruibile la parte superiore del corpo più nuovo, la creazione di una scala con struttura in acciaio, e la realizzazione di un piccola struttura in legno in funzione di collegamento tra i due corpi.
Il nuovo solaio sarà realizzato con struttura portante in legno.
In legno lamellare sarà anche realizzata la struttura portante della nuova copertura in tegole portoghesi.

Il primo piano della struttura più antica che verrà adibito a camera da letto padronale, a causa dell’innalzamento prima descritto, raggiungerà una altezza rilevante che ha permesso la previsione di un soppalco e la  realizzazione al di sotto di esso di un piccolo bagno e di una cabina armadio.

 Lo stato attuale







Il progetto




















domenica 4 gennaio 2015

Le case mobili

Prendo spunto da un post sponsorizzato su Facebook riguardante una casa mobile realizzata da una coppia con una spesa di soli 22000 Euro.
L’idea è affascinante ma si scontra con la solita burocrazia italiana; da noi è davvero difficile (ma non impossibile) realizzare una casa mobile come alternativa davvero praticabile alle costruzioni tradizionali.
  





 INSTALLAZIONE DI CASE MOBILI
Principalmente le case mobili possono essere classificate in tre categorie ben distinte:

1. Case Mobili su ruote non omologate:

Queste possono essere collocate solo nei campeggi, villaggi turistici e agriturismi, e possono sostare solo nelle zone di competenza e permettendo movimentazioni rapide all’interno delle strutture stesse per eventuali lavori, rimessaggi ed anche in caso di calamità ( in particolare di incendi ).
Questa soluzione di case mobile non omologata in caso di ubicazione in terreni di proprietà necessita categoricamente di licenza edilizia o permesso di costruire al pari di un prefabbricato fisso senza ruote ed inoltre deve rispettare le normative vigenti per l’abitabilità ( es. altezza minima interna cm 2,70 ). Vedi risposta a quesito tecnico riportato al termine dell’articolo.

2. Case Mobili su carrello omologato
 con larghezza massima cm. 255

Questa soluzione essendo posta o costruita su di un pianale omologato (Rimorchio uso trasporto cose) non potrà sporgere né in larghezza né in lunghezza e altezza peso e bilanciamento dovranno essere congrui alle specifiche del rimorchio in questione.

Al contrario delle Case Mobili su ruote non omologate (caso precedente), in questa situazione la casa mobile può viaggiare rappresentando il carico del rimorchio viaggiante.
Questa configurazione casa-rimorchio ha in sé una limitazione molto penalizzante che riguarda la revisione periodica del rimorchio che dovrà essere perentoriamente sgombro dall’abitacolo considerato dalla Motorizzazione l’oggetto trasportato, quindi, è oggettivamente problematica la scissione rimorchio-casa per ogni visita a prova, anche nel caso in cui l’abitacolo non risulti serrato al rimorchio, come spesso avviene.
La prima visita di revisione viene fissata entro lo scadere del quarto anno, mentre le altre vengono cadenzate ogni biennio.
Per il collocamento in aree turistico ricettive, questa situazione su rimorchio omologato è sicuramente più vantaggiosa della precedente e meno restrittiva, arrivando talvolta, a secondo della interpretazione dell’Amministrazione Comunale locale ad essere equiparata ad una caravan omologata ma in molti casi soggetta a penalizzazioni esigue.

Le Case Mobili su pianale omologato non possono essere collocate nei terreni privati.
Attenzione alcune aziende propongono costantemente questa soluzione non informando i clienti dei rischi conseguenti alla collocazione di tali strutture in terreni privati.
L'unica soluzione per la collocazione in terreni privati è sicuramente l'utilizzo delle MaxiCaravan descritte di seguito

3. Maxi-Caravans - (Case Mobili interamente Omologate

Larghezza Massima cm. 255
In questo caso si parla invece di Caravan o Roulotte, quindi di una struttura interamente omologato come veicolo nella sua interezza dotato di targhe e libretto di circolazione rilasciato dalla motorizzazione.
Mai svincolabile o svincolato dal rimorchio che risulta parte integrante.
Essendo quindi questa struttura prefabbricata ( casa mobili su ruote targata ) a tutti gli effetti un veicolo, vengono imposti determinati specifici requisiti.
Il massimo della carreggiata in larghezza è di 2 metri e 55 centimetri.
Viene richiesto un preciso collocamento della fanaleria, sistema frenante, dimensioni, disegno e peso dovranno risultare perfettamente conformi a quelli presentati in sede di omologazione e comunque dovrà essere sottoscritta una Dichiarazione di Conformità del Costruttore.
Evidentemente l’ organo di competenza per la Caravan non è più il Comune ma il Ministero dei Trasporti e quindi non esistono più vincoli di abitabilità o quant’altro, essendo omologata come veicolo (purché lasciata sul terreno in situazione di mobilità, evitando opere murarie, scarichi fissi e sistemi di fissaggio stabile al suolo). 
Ovviamente si possono installare, come avviene per molti caravan, impianti di produzione di energia con pannelli fotovoltaici, w.c. chimici e cisterne per l’acqua potabile.
Possono essere posizionati più moduli per ottenere soluzioni abitative davvero interessanti.



Tuttavia, in casi sporadici, in zone protette l’unico impedimento potrebbe essere rappresentato da problematiche concernenti l’impatto ambientale.
Le Maxi Caravan non sono soggette all’obbligo di revisione in quanto oggi è ancora in vigore, in materia di revisione per i rimorchi di massa complessiva inferiore alle 3.5 Tonnellate, il Decreto Ministeriale a firma dell’Ing. Lunardi del 17 gennaio 2003 che esenta dall’obbligo della revisione i soli mezzi immatricolati dopo il 1 gennaio 1999 o dopo tale data revisionati. Questo decreto, nato per porre rimedio alla carenza normativa generata dalla errata estensione dell’art. 80 del Nuovo Codice della Strada che ha “dimenticato”, nella sua formulazione, appunto i rimorchi di massa complessiva inferiore alle 3.5 Tonnellate, doveva essere transitorio e definire il calendario 2003 di dette revisioni; dalla sua pubblicazione sul numero 23 della Gazzetta Ufficiale del 29 gennaio 2003 tale D.M. non è stato più emendato congelando, di fatto, lo status quo normativo. Da rimarcare che nel caso la caravan abbia la revisione scaduta, non sarà consentito spostarla se non il giorno della revisione stessa – che evidentemente dovrà essere prenotata - e soltanto sul percorso di avvicinamento verso la sede della Motorizzazione per la verifica (per questa categoria di rimorchi ad oggi non è possibile utilizzare le officine convenzionate con le MCTC stesse per la verifica dei veicoli)
  
Ufficio Tecnico 2/2011
QUESITO
A seguito di talune vicende verificatesi nel territorio comunale, è sorta l’esigenza di assicurare soluzioni abitative costituite da strutture mobili – le così dette “case mobili” – per le quali si pone il problema di individuare il regime giuridico concernente il titolo edilizio occorrente. A giudizio dei proprietari non sarebbe necessario alcun titolo abilitativo o comunque sarebbe sufficiente una semplice segnalazione/ denuncia di inizio attività, laddove l’amministrazione comunale ritiene necessario il permesso di costruire. Si chiede di conoscere il giudizio dei Vs. esperti.
RISPOSTA

Il quesito posto segnala una problematica di frequente verificazione ricompresa nel più ampio novero del regime urbanistico delle così dette “opere precarie” per le quali occorre stabilire, di volta in volta se procedere o meno nella direzione che l’amministrazione comunale sembra avere, comunque, ben intrapreso nella fattispecie, come è dato evincere dalla domanda.
Al riguardo, si deve richiamare, in primo luogo, il pacifico precedente orientamento, applicabile anche al caso di cui al quesito, secondo il quale il titolo edilizio costituito dal permesso di costruire è richiesto per le così dette “case mobili” ancorché esse siano manufatti precari, in quanto la precarietà di un manufatto edilizio, non dipende dai materiali utilizzati o dal suo sistema di ancoraggio al suolo, bensì dall’uso al quale il manufatto stesso è destinato.  Pertanto, la precarietà (che non richiederebbe di per sé alcun titolo edilizio) va esclusa quando, come sembra risultare nella fattispecie, trattasi di strutture destinate a dare utilità prolungata nel tempo, non valendo l’intenzione di temporaneità della destinazione data all’opera dai proprietari poiché tale intenzione va esaminata alla luce della obiettiva ed intrinseca destinazione naturale dell’opera o del manufatto (Cons. Stato, sez. V, sent. 15 maggio 2009, n. 3029; 28/3/2008, n. 1354).
In termini più generali, può dirsi che tale orientamento ha trovato formale consacrazione nell’art. 3, comma 1, lett.  e.5 del d.P.R. 380/2001 e s.m.i. (nuovo T.U. edilizia) secondo cui per “interventi di nuova costruzione”, assoggettati a permesso di costruire si intendono “l’installazione di manufatti leggeri, anche prefabbricati, e di strutture di qualsiasi genere, (...) utilizzati come abitazioni, ambienti di lavoro, oppure come depositi, magazzini e simili” (e sarebbero tali anche i manufatti galleggianti: cfr. Cass.  pen., III, 24 novembre 2006, n. 37718, con necessità, nel caso, del permesso di costruire).
Ne deriva, perciò, che l’unico elemento rilevante per far venir meno detta classificazione è il carattere realmente precario dell’opera o del manufatto (criterio c.d.
“funzionale”), vale a dire il fatto che esso sia diretto
come vuole l’uniforme giurisprudenza – “a soddisfare esigenze meramente temporanee”, il che si rinviene soltanto quando l’utilizzo è circoscritto nel tempo (ed in tal senso è bene precisare che precarietà non vuol dire stagionalità, cioè un utilizzo ricorrente anno per anno della struttura – es. stabilimenti balneari – per taluni mesi: cfr. Cass. pen., III, 20 marzo 2008, n. 12428; III, 2 febbraio 2006, n. 4250).
È bensì vero certamente, in tale quadro, che può valere allo scopo per una amministrazione l’accertamento (anche tramite prove fotografiche) delle modalità con cui è stato effettuato o realizzato un manufatto o delle caratteristiche dello stesso, nel senso che possono essere indizi palesi di uso permanente (c.d. “criterio strutturale”) l’infissione al suolo o la saldatura di travi e pilastri mentre, al contrario, la modesta consistenza oppure la facile rimovibilità del manufatto non sono di per sé indici di uso temporaneo, tali da escludere cioè la necessità del permesso di costruire.
In ogni caso, sembra quasi superfluo sottolineare che le strutture precarie, una volta acclarate come tali e quindi con l’esenzione dai titoli edilizi – permesso di costruire o s.c.i.a/d.i.a. – devono però essere conformi con la destinazione di zona e con le relative prescrizioni delle norme tecniche degli strumenti urbanistici vigenti e con la normativa generale, come ad es. in tema di disponibilità dell’area, di rispetto delle norme di settore su paesaggio, sismicità, ecc. (cfr. Cass. pen., III, 20 marzo 2008, n. 12428; Cons.  Giust. Amm. Reg Sic. 15 ottobre 2009, n. 923), altrimenti incorrendo le stesse in abusività indipendentemente dal loro carattere e uso precario e temporaneo.
Di tali orientamenti si è dato carico di recente anche T.A.R. Lazio, sez. I-quater, 21 gennaio 2011, n. 613 nel confermare un indirizzo che ogni amministrazione comunale è chiamata a perseguire, dovendosi rammentare che nemmeno un regolamento edilizio comunale può superare e disattendere il principio generale fissato dalla legislazione statale in materia di governo del territorio in base al quale è inammissibile (e foriera di conseguenze anche penali) la configurazione di un provvedimento abilitativo edilizio che consenta di realizzare opere o manufatti in contrasto con la normativa urbanistica. Come a dire, in altri termini, una data struttura se presenta un carattere oggettivamente precario per le finalità cui è destinata non ha bisogno di alcun permesso o titolo edilizio oppure presenta carattere di stabilità ed allora necessita del titolo abilitativo richiesto dalla normativa urbanistica (giurisprudenza uniforme).
Per quanto sopra esposto, ha ragione l’amministrazione comunale nel pretendere che venga chiesto, nel caso di cui al quesito, il permesso di costruire.